H A Z K J
Illustrator, Street Artist e Graphic Designer
ADDIO ALLA TEORIA E ALLE NOZIONI: SE HAI UN'ESIGENZA CREATIVA DEVI PRODURRE.
Il mio percorso inizia da autodidatta. La strada è stata la prima forma di supporto su cui liberare le mie idee, gli stencil la mia prima forma espressiva… da otto anni porto avanti questa ricerca artistica, e per firmarmi ho scelto un logo che si sta evolvendo in parallelo con questo percorso.
Come tutti i poppanti alle prime armi con gli stencil, chi vuoi che fossero i miei primi idoli? Banksy, Obey e gli altri di punta. Loro mi hanno dato anche un contributo didattico: ti insegnano come approcciarti alla cosa, come svolgere gli interventi, ti raccontano che step seguire per farti notare.
Pian piano ho creato una rete di contatti con gli artisti di quartiere, della città, della regione… e poi la cosa più importante: quelli da fuori. Nel 2016 il mio amico Sharko ed io siamo andati a Firenze e abbiamo incontrato Exit Enter e James Boy al lavoro, e un sacco di altra gente che confluiva in città per lo stesso motivo: laggiù si stava formando una bella scena. Ho iniziato a ricevere inviti per collaborare in jam, realizzare disegni, incontrarsi… e questo ti serve a ragionare sul contesto in cui sei, su qual è il messaggio che porti, su chi esiste oltre a te, ognuno con la sua interpretazione delle cose.
In tutto questo però stavo studiando Lettere Classiche all'UniBo. Dopo la laurea triennale sono entrato all'ISIA di Urbino, specialistica in illustrazione per l'editoria. È una scelta presa con coscienza e volontà di distacco. Addio alla teoria e alle nozioni: se hai un'esigenza creativa devi produrre.
Ora sono uscito dall'ISIA e lavoro come freelancer in vari campi: come street artist nei mesi estivi e in atelier nei mesi invernali: grafica e illustrazioni per manifesti, magazine, collaborazioni con brand, quello che il mercato digitale sta cercando. Ho vissuto in Svizzera e in Francia, anche lì ho avuto un contatto diretto con altre realtà, percezioni, stili, modi di applicare il linguaggio in altri sistemi.
Per Brecciolino hai realizzato il Melagranchio, una bestia strana e intrigante. Che mi dici a riguardo?
Il granchio e la melagrana sono due simboli a me molto familiari. Sintetizzano una fase precedente della mia vita, rappresentano la metamorfosi e la rigenerazione. La melagrana è un simbolo dell'Ade, legato alla morte: matura a fine ottobre e durante novembre, quando il resto della vegetazione cade. Ho un melograno nel giardino di casa e ho vissuto vedendolo sempre mutare lungo le stagioni. Puoi trovare questo frutto scolpito come simbolo di morte anche nei cimiteri, ad esempio alla Certosa monumentale di Bologna. Al contempo è vitalizzante, contiene un sacco di vitamine, antiossidanti e principi attivi che lo rendono prezioso.
Per quanto riguarda il granchio, lui e il suo carapace crescono insieme. A un certo punto però la corazza diventa troppo piccola e il granchio deve liberarsene, rimanendo completamente nudo. Si spoglia di tutto, esce dalla sua zona di comfort, e completamente nudo si butta nell’ambiente che lo circonda. Si fortifica di nuovo, fino alla prossima trasformazione, al prossimo percorso di vita.
C'è anche una cosa che avvolge il melagranchio: è come la carta velina intorno alle arance. Non è una cosa che vedi avvolgere le melagrane, ma ho voluto trasportare qui questa estetica. C'è una pagina di instagram che amo e posta solo le veline delle arance. Guardala! E ancor più fuori, intorno all'involucro, c'è un rosone che proviene dal mosaico di un pavimento bolognese. Nell'animazione, come un rosone si accartoccia, ce n'è un altro che si apre.
Qual è l'esperienza artistica più appagante che hai avuto fino ad ora?
A fine aprile 2022 ho partecipato a una residenza artistica di due settimane a Novi Sad, in Serbia. Era un progetto finanziato dall'UE ma collocato fuori UE: l'obiettivo era quello di rappresentare i valori dell'Unione Europea su una serie di tele da due metri per due. C'erano sei ragazzi dei Balcani, tutti provenienti da contesti diversi, più io e Ciiip, i soli europei occidentali, e per giunta entrambi italiani. Beh, nel giro di due giorni ci siamo resi conto che l'atmosfera era lasciata completamente a se stessa, governata dal caso. Anche nella disorganizzazione, ci siamo detti, potevamo tirare fuori un progetto autonomo… e infatti abbiamo innescato un sacco di interazione con le persone del luogo, una serie di piccoli progetti paralleli. Abbiamo scoperto uno skate park, e ci siamo andati a fare graffiti. Uno dei ristoratori più cool della città ci ha chiesto di dipingere i suoi muri esterni. Eravamo sempre alla ricerca di occasioni per dipingere. Lo street artist si mette in mostra attraverso la propria azione: sei lì al lavoro, qualcuno si ferma e ti parla, ti commissiona sul posto qualcosa di nuovo, si creano nuove opportunità. Avevamo poco tempo e in un altro paese: abbiamo accettato tutto quello che potevamo, nel tempo più rapido possibile. La residenza artistica l'abbiamo creata noi, non chi ci ha chiamato lì. È stata una delle esperienze più belle della mia vita.
Che mi dici delle tecniche? Ne hai di preferite?
I binari su cui lavoro sono principalmente due. Una è l'illustrazione digitale, che ha un tratto veicolato, reversibile, controllato. L'altra è la pittura a mano libera, l'acrilico della bomboletta, che è più dinamico nella gestualità e più materico nei risultati. Ogni volta che dai murales mi avanzano vernici, cerco di riutilizzarle come fondini per i poster che realizzo. Stendo il foglio di carta, mischio i residui, prendo pennelli, rulli, fogli accartocciati, li intingo e genero pattern improvvisati su cui poi spruzzare con lo stencil. Lo stencil ha un'esecuzione rapida e frontale, distingue nettamente positivo e negativo. Ora sto migrando verso l'illustrazione a mano libera, con un percorso diverso negli sketch preparatori, nella libertà delle forme, nei margini di sperimentazione.
Potrei incrociare le due cose… per ora è solo un'idea!
Hai studiato Lettere Classiche e hai un debole per l'arte antica.
Che cosa ti stimola di questo filone?
Per essere precisi, ho un debole per l'arte etrusca, al punto da dire che mi sento etrusco – felsineo – nel modo di essere e di pensare… Abbiamo molte fonti riguardo questa epoca, ma non se ne parla mai abbastanza, né a scuola né nella divulgazione. È grazie a questa civiltà che Bologna si è fin da subito distinta come un fiorente centro e crocevia dinamico: questo lo vedi dai reperti che emergono dal sottosuolo, nell'underground nel suo senso più letterale.
In particolare trovo molto affascinante la concezione etrusca della morte. L'aldilà per loro non era poi così lontano, ma quasi un sottosopra. Negli affreschi delle tombe etrusche trovi spesso una ricorrenza: ambienti di festa, climi gioiosi, e a un certo punto una porta di accesso ti conduce all'aldilà, a una giungla misteriosa piena di animali sconosciuti, inimmaginabili. Oltre a ciò, un altro aspetto che è sempre fonte di ispirazione è la loro scrittura, ovvero un sistema originale in costante evoluzione, in cui le linee diventano segni di un’espressività davvero eloquente. Mi sono diplomato proprio con una tesi di calligrafia, rivolta alla valorizzazione del contenuto estetico ed artistico delle iscrizioni etrusche. Questo interesse ora mi sta permettendo di collaborare con istituzioni museali.
Anche sulle terracotte trovi decorazioni con espedienti grafici bellissimi, tematiche raccontate con una semplicità elegante: il sesso, il consumo di vino, le simbologie della convivialità riprese dal mondo greco vengono reinterpretate ed interiorizzate con grande creatività e personalissima inventiva.
Cosa diresti a chi ha appena iniziato ad avere impulsi creativi nella tua stessa direzione?
A volte mi sento meglio come mentore, motivatore, che come artista. Potrei essere uno street-coach dilettante, un trainer per chi vuole fare delle vandalate. Purché siano ‘azioni notturne’ con consapevolezza. Qualsiasi cosa tu ti senta di fare sul muro della tua città, tieni conto che c'è sempre un'esigenza che ti sta portando a farlo: la voglia di esprimerti, l'indignazione sociale, il fomento, la rabbia, l’odio, la ricerca dell’adrenalina. Se hai un'idea e pensi di comunicarla al mondo è giusto farlo, ma devi avere una serie di accortezze, di pertinenze del tuo gesto, dei rischi che ti prendi e dei destinatari che raggiungi.
Vuoi un esempio? La bomba rosa in via Indipendenza a Bologna, tirata di recente da presunti collettivi studenteschi. Anche questa può essere un'azione di streetart, una provocazione con un messaggio diretto ed esplicito. Ma ad un mio possibile discepolo questa cosa gliela sconsiglierei. Mi sembra sconclusionata, fine a se stessa, ignara del contesto in cui si colloca. Così scateni un polverone e trascuri l'arte. L'indignazione va legata a una produzione, una ricerca artistica, una strategia di sperimentazione, è un tango con le strade della città, un ‘ti voglio - ti respingo - ti apprezzo’, Questa parte della città mi piace e questa no. Devi sapere dove intervenire e dove no. Ho fatto degli errori in questo senso e mi sono ricreduto.
Cosa metteresti in una time capsule per il futuro?
Un coltellino svizzero e un accendino: sono oggetti di design funzionali e geniali. Ma anche il Moule à Kougelhopf, uno stampo di ceramica per dolci alsaziani. Questo non è così funzionale, ma è fichissimo. È una cosa densa di tradizione e di contenuto. Lo puoi appendere, tenere lì, usare, ed è uno dei regali più belli che mi abbiano mai fatto negli ultimi anni. Mi piacerebbe che diventasse un reperto archeologico della nostra epoca, molto più che se lo diventasse uno smartphone, per esempio.
Tutto dipende anche dalla tecnica e dal mezzo. Poster? Stencil? Pezzo a pennello veloci? Spray? Vuoi fare propaganda? Vuoi spammare il tuo disegnetto? Vuoi fare rumore? Alcuni dei tuoi compagni di azione ti resteranno fedeli tutta la notte, altri avranno paura e ti abbandoneranno nei tuoi sopralluoghi. È qualcosa di molto più difficile e complesso di quanto può sembrare, non è una semplice nottata che parte con quattro birre e finisce in commissariato.
Forse come approccio è molto lucido e ragionato, ma è il mio. Qualcuno è più istintivo. Io ho un'intenzionalità sempre precisa e calcolata. I posti me li scelgo, quando vado in altre città chiedo alle persone e agli altri artisti se posso fare qualcosa in questo o quel quartiere, perché anche gli altri artisti devono accettare la mia presenza in zona e ci deve essere rispetto reciproco. Questa è l’educazione con cui sono cresciuto!
Con che artista ti prenderesti una birretta?
Raffaello. Cazzo, Raffaello. Non c'entra niente con me, ma ha vissuto uno dei periodi artistici più belli in assoluto come ricerca e tecnica. Ha saputo approfittarne alla grande, facendo emergere tutto il suo talento e arrivando fino alla corte dei papi. Ѐ un artista che ha saputo catturare al meglio le vibes del periodo, a farle proprie, finendo per creare una vera e propria tendenza, una scuola, con uno stile tutto suo. Oppure prenderei un ouzo con Giorgio de Chirico: ammiro tantissimo l’atmosfera rarefatta e sospesa delle sue composizioni metafisiche, nonchè la sua devozione verso il recupero archeologico degli elementi dei suoi quadri.
Starei ore e ore a fissare i loro quadri come la Madonna d'Alba o Gli archeologi.
Se invece vogliamo stare sul contemporaneo, Tyler, The Creator. Pagherei oro per passare una serata con lui. Ha un gusto estetico che ha rivoluzionato completamente il modo di fare, trattare il rap, rilanciare l'hip hop, la sensibilità maschile, e ha esteso la cosa anche nei suoi brand di abbigliamento, profumi etc., che hanno concretizzato il suo immaginario artistico. Qualsiasi cosa faccia e gli passi per la mano, mi sorprende ed è fonte di ispirazione.
Chiudi gli occhi. Cosa vedi, cosa stai facendo?
So benissimo cosa sto facendo! Sto ridisegnando il logo della Ternana Calcio e tutta la loro immagine coordinata, dalle buste del merchandising al disegno dei palloni. Spero che vedano questa intervista e mi diano per davvero l’incarico onorevole di rifare tutta la brand identity. Terni ha una bella storia industriale, un bel repertorio cronologico da cui attingere per tirare fuori suggestioni grafiche. Ha come simbolo un drago, perché fa parte della sua tradizione, praticamente nessuna squadra di calcio può permettersi un drago sullo stemma! E hanno due colori che si intonano benissimo tra loro, il rosso e verde. I suoi tifosi sono principalmente di una working class progressista e socialmente impegnata, un esempio di tifoseria d'altri tempi, che porta avanti dei valori ancora politicizzati, qualcosa che nel calcio moderno si fa fatica a vedere. Tutto questo merita di essere rappresentato da un redesign! Ma forse è facile descrivere cosa vorrei demolire piuttosto che cosa vorrei costruire.
Hai budget illimitato per il progetto dei tuoi sogni. Cosa realizzi?
Un'azienda che sviluppa macchine in grado di andare indietro nel tempo e consentire il teletrasporto. Quello sarebbe il massimo del progresso del genere umano. Ripercorrere la propria storia in verticale e lo spazio in orizzontale, confrontarci con il passato e il futuro. Arrivare a Singapore in un batter d'occhio è qualcosa che farei davvero volentieri. Certo sarebbe potenzialmente anche un'arma per porre fine a tutta la nostra esistenza. Starebbe poi all'uomo, nella sua fallacia, usare questo strumento per approfondire se stesso o autodistruggersi. Ah… per un attimo escludiamo le controindicazioni da sbalzi della materia e scontri vari con le leggi della fisica. Siamo nel fantastico e nel fantastico rimaniamo!
In che entità ti reincarneresti?
Nell’Arco del Meloncello, una delle arcate storiche più alte di Bologna. Non è solo un portico ma anche una porta, un cancello. Ultimamente sento una grande affinità con quel luogo, evoca grande spiritualità, la fine dell'urbano e l'inizio del naturale, della collina di San Luca. È una via di passaggio aperta, lascia scorrere mezzi sotto e persone sopra, in due vie trasversali. È un crocevia che collega l'urbano, il sacro, il quotidiano, incontri romantici, gite fuori porta, inizi e fini di avventure, viaggi, ritorni…